Se qualcuno ha pensato che si trattasse di una trovata per fare audience bhè, si è sbagliato, quella è tutta farina del sacco ‘blanco’

di Rosario Lavorgna

La prima serata della 73a edizione del Festival di Sanremo è servita a farci capire che fine ha fatto la musica italiana. E per rimanere senza parole Amadeus e il buon Gianni Morandi, allora è proprio vero che siamo alla frutta. Che la musica pop sia nelle mani di giovanissimi sballati digitali con parco fanclub fatto di adolescenti che si abbronzano con l’Iphone, era una cosa risaputa oramai da anni, ma quello che abbiamo visto ieri sera va oltre ogni aspettativa, il che ci fa pensare che Achille Lauro al confronto sia un monaco cistercense. Per la stragrande maggioranza degli esperti la colpa di tutto ciò non sono i tempi, ma la tecnologia, il poter mediatico che oggi è praticamente nelle mani di tutti. Una volta si parlava di quarto potere, ma oggi ne esiste un quinto e pure un sesto, se pensiamo alla visibilità planetaria garantita dai social. Oggi non esiste più il re della canzone, come una volta chiamavamo Claudio Villa o Domenico Modugno, oggi esistono le piattaforme digitali sulle quali un like o un download vale mille volte di più di una semplice ed orecchiabile canzone. Oggi ciò che conta nella vita ed anche nelle canzoni è ostentare l’irriverenza, l’estremismo, la controtendenza, l’esagerazione di tutto persino di un sorriso. Per quello che è successo all’Ariston, Amadeus e la dirigenza del festival dovrebbero, come minimo, squalificare Blanco dalla competizione, magari suggerendogli delle lezioni pratiche di bon ton.

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