La polemica, anche accesa, ci sta. L’insulto e il mancato rispetto per le istituzioni, no. Ma non ci interessa in questa sede stabilire i confini entro i quali il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca può agire correttamente per far valere le proprie ragioni, come Ente e come Territorio. Quel che vorremmo evidenziare è che il fragore di una parolaccia può coprire anche quanto di utile potrebbe ricavarsi da una ripresa serrata tra le forze politiche su temi nevralgici per il futuro del Mezzogiorno e del Paese. Perché, al di là della opportunità o meno di certe uscite pubbliche e semi-pubbliche di De Luca, della congruità o meno dei toni assunti dal ‘nostro’ in quello che dovrebbe essere un dialogo, e non uno scontro, tra le istituzioni, vi sono degli interrogativi cui il Governo, e soprattutto il Ministro per il Sud Raffaele Fitto, farebbero bene a dare risposta. La Zes unica, ad esempio. Manca ancora il decreto attuativo che definisce le modalità di accesso al credito d’imposta. Si tratta di un provvedimento che dovrebbe servire anche a stabilire con nettezza il campo dei beneficiari, perché, al di là di quanto è stato sostenuto, il miliardo e 800 milioni stanziato non è cifra tale da assicurare la copertura di una domanda che si stava facendo crescente, col vecchio regime delle otto Zes. Anzi! Dalle strutture commissariali in proroga fino a marzo, ma con poteri inevitabilmente ridotti al lumicino, emerge che sono decine le imprese che chiedono di poter accedere a un beneficio attualmente bloccato dall’impasse generata dal cambiamento di governance. È in ritardo anche il piano strategico, che dovrebbe definire i criteri per selezionare le domande, regione per regione. Manca lo Sportello digitale. Tutto questo, pur avendo stabilito che gli investimenti che possono concorrere al beneficio del credito d’imposta sono quelli realizzabili dal primo gennaio 2024 (!) al 15 novembre dello stesso anno. Non è stata fornita risposta neppure alla domanda posta dal Ministro predecessore di Fitto, Mara Carfagna, sul destino dei 3,7 miliardi del Fondo per la perequazione infrastrutturale destinati al Sud, e che sono scomparsi dai radar con l’ultima manovra di bilancio. Per non parlare di rispetto della quota Sud per il Pnrr e di rischi di ulteriori penalizzazioni originate dalla riforma dell’autonomia differenziata. Insomma, si critichino pure le intemperanze verbali di qualche governatore, ma, per favore, diamo al Sud le risposte, le risorse, l’attenzione politica che gli spetta.