L’economia italiana in questi ultimi anni ha retto bene, pur navigando tra mari tempestosi. Dai successi della vaccinazione anti Covid, all’attenzione a una crescita che non compromettesse gli equilibri di bilancio, i risultati, sul piano dell’affidabilità internazionale del Paese, non sono mancati, e continuano a riservare qualche piacevole sorpresa. Il pil è aumentato ben oltre la media europea, lo spread è tuttora sotto controllo, la capacità di diversificare le fonti di approvvigionamento energetico ha praticamente eliminato la dipendenza dalla Russia.

I problemi a volte vengono anche dall’esterno. In questo senso, la crisi della Germania e in parte anche degli Usa sta facendosi sentire anche nella Penisola, con una produzione industriale in calo da quattro mesi consecutivi. Il che induce a cercare di smuovere la componente della domanda che è stata in letargo per troppi anni: quella interna.

Al contrario che nel passato, oggi c’è una leva in più per conseguire l’obiettivo: le risorse aggiuntive del Pnrr. A questo riguardo, la difficoltà a raggiungere certi obiettivi nelle scadenze prefissate e la necessità di rivedere parti del Piano per adeguarlo alle nuove necessità, ad esempio in campo energetico, non possono e non devono diventare pretesti per mollare la presa e rinunciare a uno strumento fondamentale per la ripresa del Paese e per la tenuta dello stesso disegno unitario europeo.

Nell’ultimo periodo il superbonus si è tradotto in una pioggia di miliardi che ha messo a dura prova il bilancio statale, con una resa sostanzialmente inferiore alle aspettative. La Banca d’Italia stima che, sull’incremento di 10,5 punti di pil dell’ultimo biennio, solo l’1,5% sia imputabile ai bonus edilizi. È stata la spinta delle imprese a fare il resto, ma la corda alla lunga, a forza di tirarla, rischia di spezzarsi. Di qui l’importanza di una nuova spinta all’investimento. Anche, se non soprattutto, nell’infrastrutturazione che fa premio, vale a dire in quelle opere pubbliche che migliorano in via duratura l’assetto economico e sociale del Paese, a cominciare dalla riduzione dei divari territoriali.

Un nemico perfido, su questo piano, è rappresentato dall’inflazione, la ‘tassa sui poveri’. Finché non rientrerà sotto la soglia del 2%, difficilmente si arresterà la corsa al rialzo dei tassi. Ma questo strumento, per esprimere appieno efficacia, deve essere accompagnato da misure di controllo su chi sta speculando, continuando a rincarare i prezzi, pur se sono venute meno le cause esterne dei rincari, come la bolletta energetica, tornata sotto controllo.