“La decisione di rendere obbligatoria la ripartizione in 10 anni delle residue agevolazioni per le ristrutturazioni (Superbonus in primis) desta grosse perplessità. Qualora confermata, questa disposizione – annunciata dal Mef – cadrebbe come pioggia su un suolo già abbondantemente bagnato. Il Decreto Salva Conti, infatti, già in passato ha stabilito importanti limitazioni sulla materia in questione, bloccando le opzioni alternative all’utilizzo dei benefici fiscali per gli interventi edilizi e impedendo qualsiasi possibilità di regolarizzazione degli eventuali errori che fossero stati posti in essere”. Lo afferma Francesco Cataldi, presidente dell’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili. “Come Unione Giovani Commercialisti ci eravamo già espressi circa l’opportunità di “correre ai ripari” rispetto a una norma che avrebbe leso uno dei pilastri del nostro ordinamento, vale a dire la tutela dell’affidamento”, evidenzia Cataldi. “Appello che è rimasto inascoltato, ma oggi la storia pare destinata a ripetersi, forse addirittura con scenari peggiori”. Leonardo Nesa, vicepresidente della giunta nazionale Ungdcec, analizza: “Le rigide misure imposte dal Decreto Salva Conti richiedevano alcuni rimedi, tra i quali poteva rientrare la possibilità per i contribuenti di optare proprio per la ripartizione decennale delle detrazioni fiscali. In questo modo, evidentemente, permettendo ai soggetti con redditi incapienti di recuperare anche solo in parte i benefici connessi agli interventi che avevano effettuato. Diversamente, obbligare a simile dilazione nello sfruttamento dei vantaggi fiscali rappresenta un affronto verso soggetti che si aspettavano di rientrare di tali investimenti in un periodo ben più ristretto, incorrendo in primo luogo in un pregiudizio di carattere finanziario per chi si trova oggi con orizzonti di riassorbimento maggiori rispetto a quelli che aveva pianificato”. Secondo Nesa, il governo “non è giusto che a rimetterci siano sempre gli incolpevoli contribuenti che hanno fatto affidamento sulle norme dello Stato, e che oggi cambiano in corso d’opera. L’auspicio è che si vada nella direzione della ragionevolezza e della tutela, non solamente dei diritti, bensì anche delle aspettative e che, quindi, non vengano modificate norme sulle quali i cittadini, tutti, hanno già fatto affidamento”.