L’Editoriale Sportivo

A poco più di 48 ore dall’ esordio della nazionale a Oslo, per la prima delle partite di qualificazione ai prossimi mondiali dai quali, lo ricordiamo a chi è ancora convinto che l’ Italia sia tra le prime cinque sei formazioni del pianeta, manchiamo da ben due edizioni, il calcio italiano ha rimediato due schiaffoni incredibili. Uno in campo, con la bruttissima sconfitta dell’ Inter contro il PSG nella finale di Champions League, l’ altra con il rifiuto di Acerbi di rispondere alla convocazione di Spalletti motivando con un tweet La sua scelta: “Merito rispetto e non l’ ho avuto da chi ha responsabilità sulla squadra”. Boh?
Ma procediamo con ordine e analizziamo con calma il momento che attraversa il calcio italiano. Non un bel momento perché ormai anche i giocatori alzano i toni sentendosi “figli si un dio minore” appena ci si permette di fare loro una critica tecnica o sottolineare, senza acredine, la carta anagrafica per spiegare certe esclusioni.
Veniamo all’ Inter crollata, come Dorando Pietri all’ ultimo metro di una stagione da maratoneta. Non è la sconfitta che brucia ma il modo con cui tutta la squadra ha subito la gioventù, la Forza, la qualità di una squadra molto più giovane, molto più decisa e più vogliosa di vincere quella Coppa dalle orecchie inseguita da anni.
Errori dei singoli? Certo. Inzaghi quasi subito in confusione di fronte alla “caccia” da parte dei francesi ai giocatori neroazzurri? Possibile, anzi quasi certo, ma il naufragio della barchetta neroazzurra contro l’impetuosa marea dei vari Vitinha, Douae, Dembele e Hakimi e Kvaratskhelia dà l’ esatta dimensione dello stato del nostro calcio nel panorama internazionale. Dopo 20 minuti la partita era già chiusa e sbagliava chi si attendeva un rigurgito di orgoglio e di passione dagli annichiliti milionari in maglia gialla, giusto il colore dell’ invidia nei confronti di undici avversari che giocavano divertendosi.
Un’ Inter non brutta, orrenda. Inguardabile, inammissibile per come era arrivata in finale eliminando col cuore più che con la qualità Bayern e Barcellona. E se il primo tempo aveva mostrato gli stenti del gruppo, la ripresa, per dirla alla Eduardo è stata da “Questi fantasmi”. Ci teniamo a precisare: colpe dei giocatori sicuramente, ma soprattutto di un sistema calcio italiano che nelle more di situazioni debitorie non consentono di allestire rose all’ altezza dei migliori club europei investendo su giovani  talenti. Pochi soldi, impegni sempre più numerosi in un campionato stressante tatticamente che mette alla prova non solo le energie fisiche ma soprattutto quelle mentali. E di fronte alla gioventù dei parigini di Luis Enrique l’ Inter è stata incapace dopo l’ uno due francese di restare in partita con la testa più che con le gambe, consegnandosi al dominio e alle folate in uscita degli avversari perdendo fiducia e senza più credere in sé stessa. Roba da non credere, soprattutto per Inzaghi e la dirigenza che hanno assistito impietriti alla disfatta della squadra e loro personale.
Visti i risultati delle altre italiane sono i vertici del nostro calcio che dovranno interrogarsi su questa clamorosa implosione della nostra squadra più forte. Ripetiamo un concetto con forza: 38 partite in un campionato tattico come il nostro sono troppe, bisogna tornare a considerare un torneo a 18 squadre che dia comunque più respiro a tecnici e atleti. A Monaco s’è visto come freschezza, velocità e qualità del gioco abbiamo ormai la meglio su esperienza e strategie tattiche. Deve essere questo il futuro del calcio italiano che deve tornare ad essere scuola, soprattutto in tempo di crisi.
E veniamo al gran rifiuto di Acerbi fatto non ” per viltade” come quello di Celestino ma per il rispetto che Messere Spalletti CT della nazionale gli ha mancato…
Assurdo, fosse stato un militare il signor Acerbi sarebbe stato definito “Disertore” e punito di conseguenza. Invece il CT, per quieto vivere, ha preso atto del rifiuto, che a mio sommesso avviso è una vera e propria insubordinazione che una Federazione seria dovrebbe punire con severità. Ora, anche difendere i colori della Patria, seppure in ambito sportivo, diventa un piacere, una cortesia che i giocatori fanno alla Federazione e non, piuttosto, un motivo d’orgoglio per loro.
Così è se vi pare. Al sottoscritto non pare proprio. Corra ai ripari colui o coloro che possono, prima che la mareggiata calcistica ma non solo, come il PSG ha travolto l’ Inter, travolga tutto e tutti in questo Paese dove Guelfi e Ghibellini esistono solo per suicidarsi e non per migliorarsi a vicenda.