Italy's head coach Roberto Mancini reacts during the FIFA World Cup 2022 round one Group C qualification football match between Northern Ireland and Italy at Windsor Park in Belfast, Northern Ireland on November 15, 2021. (Photo by Paul Faith / AFP) (Photo by PAUL FAITH/AFP via Getty Images)

Dopo le partite contro Inghilterra e Malta è ormai chiaro che in questo momento il calcio italiano è assai lontano dall’essere tra i migliori del vecchio continente. Ha ragioni da vendere Mancini quando afferma che la presenza di 6 squadre italiane ai quarti di finale delle tre competizioni europee non significa un successo del calcio di casa nostra, e non testimonia alcuna crescita significativa del movimento predatorio con giocatori italiani. Troppi stranieri impiegati, molti mediocri, e pochi italiani nelle formazioni più forti. Però anche il CT poi, al di la di infortuni e indisponibilità varie e delle sue convinzioni convoca l’oriundo Retegui e diversi altri li tiene nel mirino trascurando i calciatori nostrani. Mi permetti di ricordare il fallimento della nazionale ai mondiali del 1962 in Cile, quando in squadra dopo l’esclusione dai mondiali del ’58, c’erano oriundi come Sivori, Maschio, Lo Iacono, Angelillo e Altafini. Furono quelle le premesse del flop inglese del 1966 culminate con la sconfitta contro la Corea. Ai nostri giorni le partite contro Svezia e Macedonia  con la mancata qualificazione ai mondiali del 2018 e dello scorso anno, ci devono far riflettere sull’attuale reale valore del nostro calcio e della nazionale. L’europeo vinto a Londra ha evidentemente illuso i vertici federali di essere tornati finalmente competitivi, ma la realtà è ben diversa. Perché nel calcio, come nella vita, i ‘miracoli’ possono pure avvenire, ma ciò che conta è un lavoro frutto di programmazione, di progetti e di idee articolate e non di scelte estemporanee. In questo momento abbiamo la sensazione di un mancini spaesato e senza il supporto vero di Federazione e della Lega.  Altri Paesi hanno superato le loro crisi generazionali lanciando i giovani migliori e riducendo la presenza degli stranieri. Ci pensino e riflettano Gravina e Mancini, perché per la nostra nazionale non è questione di moduli o sterili dibattiti tecnici. Occorre pensare in grande riformando seriamente tutto il sistema calcio, utilizzando e sfruttando le energie e le situazioni ma soprattutto creandole perché quella è la premessa del ritorno nel gotta europeo e mondiale. Ma soprattutto certezza di creare un futuro con una forte identità nazionale.