Decreto flussi, “regna la confusione, sono compressi i diritti e mancano i requisiti di necessità e urgenza”: con una doppia ordinanza la Corte d’Appello di Lecce solleva la questione di legittimità costituzionale. Si riapre, dunque, lo scontro a distanza tra magistratura e governo sul nodo del decreto flussi. Dopo i provvedimenti delle toghe che hanno di fatto vanificato in questi mesi l’ipotesi di “delocalizzare” i migranti in Albania, ora i provvedimenti delle toghe si concentrano sugli aspetti di compressione dei diritti, sulla mancanza dei requistiti di urgenza e sul ruolo stesso dei giudici d’appello su cui era intervenuto l’esecutivo. Non solo, la decisione riguarda la questione di legittimità costituzionale. A muoversi in serata con una doppia ordinanza (sono di fatto due uguali, cambiano solo i nomi dei ricorrenti), il giudice Giuseppe Biondi ha sospeso il giudizio nei confronti di due cittadini, uno marocchino e uno tunisino, per i quali la questura di Brindisi aveva chiesto la proroga del trattenimento nel Cpr di Restinco. La norma richiamata “sposta” la competenza su alcune questioni in materia di immigrazione dalle apposite sezioni dei tribunali ordinari alle corti d’appello. Le ordinanze sono state trasmesse alla Corte Costituzionale e al presidente del Consiglio e sarà comunicata ai presidenti di Camera e Senato. Nello specifico, il consigliere di turno e giudice della corte d’Appello di Lecce, Giuseppe Biondi, esprimendosi in merito alla richiesta di proroga del trattenimento di due migranti nel Centro di permanenza per i rimpatri di Restinco, Brindisi, ha sollevato d’ufficio la questione di legittimità costituzionale del decreto flussi (145/2024), convertito in legge nel dicembre del 2024, e ha sospeso il giudizio. L’ordinanza del giudice trae origine anche dal ricorso avverso il rigetto della domanda di protezione internazionale dei due migranti, un tunisino ed un cittadino di origine marocchina, emesso dalla commissione territoriale di Lecce. Il consigliere della Corte d’Appello ha infatti sospeso il giudizio nei confronti dei due migranti e nell’ordinanza solleva la questione di legittimità costituzionale in riferimento agli articoli 77, comma 2, 25 e 102 della Costituzione, e quindi per le ipotesi di compressioni dei diritti di difesa, mancanza dei requisiti di necessità e urgenza previsti da ogni decreto legge, e nessuna specializzazione del giudicante su un tema complesso. Inoltre il giudice rileva possibili profili di incostituzionalità in riferimento all’articolo 3 della Costituzione che stabilisce che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali». Secondo il giudice, come si legge nell’ordinanza, il dl 145/2024 è «stato emesso in mancanza di quei casi straordinari di necessità e urgenza richiesti». Inoltre «non va taciuta, poi, l’irragionevole compressione dei diritti difensivi scaturita dalla modifica apportata al giudizio di impugnazione relativo al provvedimento di convalida». Il decreto legge 145 dell’ottobre scorso era stato emanato dopo alcune ordinanze della sezione immigrazione del tribunale di Roma che aveva bloccato i trattenimenti di migranti nei Cpr allestiti dal governo in Albania. Di fatto poi la competenza sulle convalide è stata spostata in capo alle Corti d’Appello. Su questo fronte il giudice Biondi sottolinea che, «a dimostrazione della confusione regnante, non può che sottolinearsi come l’originaria previsione del d.l. n. 145/2024, circa l’attribuzione alla Corte di Appello delle competenze in tema di impugnazione dei provvedimenti emessi dal Tribunale specializzato nella materia della protezione internazionale, sia stata sostituita, come visto, in sede di conversione, dalla più limitata competenza della Corte di Appello a decidere sulle convalide dei provvedimenti questorili che dispongono i trattenimenti e sulle relative proroghe, che costituiscono normalmente procedimenti incidentali rispetto al procedimento principale di accoglimento o meno della domanda di asilo e protezione internazionale sussidiaria, e che, certamente, non sono procedimenti di impugnazione». Dunque, secondo il giudice Biondi, «anche l’originaria previsione, che già non si fondava su alcuna ragione esplicita di straordinaria urgenza e necessità, è stata stravolta in sede di conversione del decreto legge, ancora una volta senza che ciò fosse giustificato da esplicite ragioni di straordinaria urgenza e necessità». Inoltre il giudice, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello Sportello dei Diritti, ha sollevato profili di incostituzionalità in riferimento all’articolo 3 della Costituzione che stabilisce che ‘tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali’.