Ho sempre contrastato la concezione alla base del reddito di cittadinanza e sono quindi sostanzialmente d’accordo con la svolta impressa dal Governo. È tuttavia importante che i soldi risparmiati, in gran parte indirizzati al Meridione, non finiscano per essere utilizzati a favore dei territori più sviluppati. È quanto purtroppo sta accadendo per il recente provvedimento che incentiva chi assume Neet under 30 (giovani che non studiano, non si formano e non lavorano). Le risorse stanziate per l’agevolazione sono state destinate per circa il 58% al Nord, per poco meno del 16% al Centro, per circa il 26% al Sud. I Neet del Mezzogiorno, tuttavia, sono il 53% (isole comprese), nel Nord ve ne sono circa il 30%, nel Centro la percentuale è più o meno analoga a quella della quota stanziata. La ripartizione effettuata sarà di sicuro giustificata con la presenza di altre fonti disponibili per il Sud, ma la sensazione di disagio resta. Bisogna che al governo, a cominciare da qualche forza della coalizione radicata fin dalla sua costituzione nella profonda Padania, ci si renda conto che il divario territoriale in questo Paese c’è e va colmato, nell’interesse di tutti, anche dei cittadini del Nord. Non si capisce che senso abbia incentivare le assunzioni anche in aree dove la domanda di lavoro è forte ed è l’offerta, se mai, a evidenziare delle criticità. Corrispondere il 60% della retribuzione lorda da pagare ai giovani a imprese già più competitive di quelle del Sud e con economie di scala maggiori, servizi pubblici a supporto più numerosi e qualificati, serve solo ad aumentare la distanza. Concentriamo invece risorse e impegno politico-istituzionale nel Mezzogiorno, proviamo per dieci anni a favorirne con determinazione la crescita. Nel 2033, trascorso il decennio, avremo finalmente una struttura competitiva meridionale più vicina agli standard settentrionali. A tutto vantaggio della base imponibile e, di converso, delle entrate dello Stato, che potrà finalmente vedere ridotto il suo anomalo debito pubblico.