Le stime legate all’eventualità che i programmi marcino secondo le scadenze fissate sono da prendere inevitabilmente con cautela. Anche quando portano la firma prestigiosa della Banca d’Italia. D’altra parte, sono gli stessi autori dello studio “L’occupazione attivata dal Pnrr nelle costruzioni a livello regionale” che avvertono come le loro previsioni si basino sull’ipotesi che il piano rispetti il termine del 2026. Se, e soltanto se, questa condizione si verificherà, gli interventi in campo dovrebbero dare origine, limitatamente al comparto edile, a un plus di occupazione annuo pari mediamente a 62 mila unità.  Il valore aggiunto prodotto nell’edilizia in Italia dovrebbe crescere del 6%, ma nel Sud l’incremento sarebbe notevolmente maggiore: quasi doppio per Campania e Puglia, ancora maggiore per Sicilia e Calabria. Stessa cosa, più o meno, accadrebbe in termini di saldo occupazionale, con benefici maggiori per le regioni del Sud: tra le più avvantaggiate, si segnalano il +13,6% della Sicilia, il +13,2% della Calabria, il +10% della Campania. Gli interventi da realizzare o già in fase di attuazione, se si considera la progettazione, sono legati a obiettivi fondamentali, come lo sviluppo della rete ferroviaria e del sistema portuale, l’efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati, la rigenerazione urbana. Ed è questa la nota più positiva. Non si tratterebbe solo di dare una spinta all’economia e al lavoro, in un’area con elevato tasso di disoccupazione, ma di porre le premesse strutturali per un miglioramento duraturo, assicurato da un territorio parzialmente ‘messo a nuovo’, reso anche più attrattivo per gli insediamenti produttivi. Premesso che il Pnrr potrebbe lievemente ridurre, non di certo colmare il gap meridionale, è molto importante che faciliti l’avvio o l’accelerazione di dinamiche di sviluppo in grado di trasformare il Mezzogiorno, rendendone l’economia più competitiva e meno dipendente da sussidi e assistenza di varia natura. Proprio per questo è preoccupante che, come osserva Gianfranco Viesti, le misure di potenziamento dell’apparato produttivo definite dal Pnrr “sono per metà incardinate sui crediti di imposta di Transizione 4.0 che per loro natura affluiscono dove l’economia è già più forte”. Evitare che, nella ridefinizione di parti del Pnrr, queste voci possano essere privilegiate a danno della crescita del Sud, ma in prospettiva anche a danno di tutto il Paese, è una delle sfide che la politica, in testa il Governo centrale, deve saper vincere.