E’ un ‘rosicamento’ globale e a quanto pare condiviso nell’ambito di quella politica che a settembre ha perso le poltrone nelle stanze dei bottoni. E’ guerra aperta su tutto, comprese le idee, il comune denominatore è abbattere Giorgia Meloni e il suo governo costi quel che costi. In questo clima la demagogia e la fantapolitica sono i primi attori di una scena che parte dalle circostanze sociali per la battaglia senza quartiere contro l’esecutivo. E mentre la premier è in India a perorare la causa nazionale portando l’Italia a pesare nel dibattito globale, nei confini nazionali si pensa a come segare le gambe di un governo che invece di arretrare continua a salire nel gradimento nazionale. La metodologia è sempre la stessa, di staliniana memoria, cogliendo le circostanze sociali come fattore di rivolta e dissenso. Ci hanno provato con Cospito, poi con l’aggressione davanti ad un liceo di Firenze e tutto quello che ne è orchestratamente seguito, fino alla tragedia di Cutro dove tutti sono andati in passerella a puntare il dito. Sul versante eversione, onestamente, non darei molto adito a ragionamenti che non tengano conto di occulti burattinai, più che altro mi concentrerei sul caso dei migranti morti sulle coste calabre. Quello si che è un punto sul quale l’Italia dovrà far sentire la sua voce come già sta facendo del resto. Ma da come abbiamo ampiamente capito, per l’Europa l’importante è che l’invasione migratoria giunga in Italia, poi poco importa se qualcuno muore per strada, è colpa del destino, della fatalità, delle carrette del mare. Ovviamente le bare in fila le vogliono vedere in Italia ma mai in Francia o Germania, Olanda, Austria. A noi Italiani ci è piaciuto fare la porta dell’Europa in questa penisola ideale per sbarchi di qualsiasi natura? e allora adesso dobbiamo sopportare, fanno sapere da Bruxelles. L’Italia della politica è morta con la prima Repubblica, e nessuno vuole farsene capace. Il dibattito politico oggi non implica la risoluzione dei problemi del Paese, ma mira alla pancia dell’elettorato in modo da ripristinare bacini di consenso grazie a misure mirate a scorciatoie più che a certezze. Ma questo è forse possibile  perché le certezze non esistono più, nel tal caso allora sarebbe comprensibile il motivo per il quale la gente deve sopravvivere col reddito di cittadinanza e alcuni comparti economici rimpolparsi con i supebonus. Ma se le certezze sono esaurite, allora anche la politica lo è; la stessa carta costituzionale non solo non è attuale, ma non può essere messa in pratica. Se è vero come è vero che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, qualcuno potrebbe chiedersi: ma sul lavoro di chi? per cui non vale per i disoccupati, cioè quelli che un lavoro non ce l’hanno. Magari a questi e tanti altri paradossi potrebbe rispondere Elly Schlein, o Giuseppe Conte. A noi non risulta che ci abbiano mai provato.