L’occasione per il Mezzogiorno è davvero di enorme rilevanza. Ne è convinta Anna Lepre, Direttore del Centro Studi Lepre Group: “Il Sud può essere al centro della nuova politica energetica europea”.
Su cosa fonda questa sua convinzione?
È una constatazione, più che un’opinione personale. Finora l’asse politico di Bruxelles ha guardato sempre a est, verso l’espansione dei confini dell’Unione e, in passato, anche in vista di un miglioramento progressivo dei rapporti con l’ex Urss. Sul piano pratico questa priorità d’indirizzo, promossa dal direttorio franco-tedesco, ha avuto tra le conseguenze maggiori la determinazione di quella dipendenza energetica di cui nel nostro tempo si scopre l’estrema fragilità. Bisogna uscire da questa morsa, e lo si può fare solo con una transizione ecologica mirata sia a fronteggiare il climate change, sia a raggiungere gradualmente il traguardo dell’autosufficienza energetica.
Il calo dei prezzi sembra tuttavia già iniziato: nel primo trimestre l’energia elettrica dovrebbe essere meno cara del 19%!
È un dato positivo, ma di carattere congiunturale. Come ha sottolineato il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, resta la necessità di procedere speditamente alla transizione ecologica, di ottimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili, di ricorrere a nuove fonti. Non per il 2023, naturalmente, che, anche per effetto delle temperature miti, non dovrebbe far registrare alcun problema. Il primo rischio da scongiurare riguarda l’inverno 2023-2024. Occorre evitare di essere messi in crisi da una eventuale interruzione totale delle forniture di gas russo.
La soluzione sarebbero i rigassificatori, ma come superare le resistenze di Piombino?
Credo che, dopo l’impegno del Governo a tenere in vita l’impianto per un massimo di tre anni, non vi siano più ragioni plausibili per opporsi. Con i rigassificatori di Piombino e poi di Ravenna, si dovrebbe blindare il Paese verso qualsiasi rischio nel breve-medio termine. Ma, successivamente, servirà altro.
Cosa, in particolare?
Saranno innanzitutto realizzati due nuovi impianti a Gioia Tauro e a Porto Empedocle. Ci sarà inoltre il raddoppio del Tap e si potenzierà la linea Adriatica. Fondamentale sarà anche l’implementazione dell’energia rinnovabile. Queste misure saranno determinanti per raggiungere i target della riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030, e del loro azzeramento entro il 2050. Nel loro insieme avvieranno una svolta fondamentale per il Mezzogiorno.
Con quali vantaggi?
Potranno essere di portata straordinaria, se i provvedimenti verranno adottati nel quadro di una politica complessiva di riposizionamento dell’Ue rispetto al problema energetico, e non solo energetico. Serve che l’Europa guardi meno a Est e più a Sud, verso il Mediterraneo e l’Africa. Tra le conseguenze, direi quasi naturali, di un cambiamento del genere, vi sarebbe il ruolo da protagonista del Mezzogiorno d’Italia, come porta d’accesso verso il Mare Nostrum, sia da parte del resto d’Italia che dell’Europa.
Perché pensa che la grande svolta non si limiterebbe all’energia?
In primo luogo, perché rilanciare le relazioni con l’Africa significherebbe per l’Europa sottrarla all’influenza esclusiva di Paesi come la Cina, dando origine a nuove vie per la crescita economia e produttiva di quel continente, con riflessi proficui anche per l’economia europea. Va inoltre considerato che, oltre a risorse come il gas, l’Africa, in alcune sue ampie aree, è ricca delle cosiddette terre rare, gli speciali elementi chimici presenti nei minerali, che trovano larga applicazione nei settori della tecnologia avanzata, nonché proprio dell’energia rinnovabile.
L’Italia può farsi promotrice di un’iniziativa europea per definire intese miranti all’estrazione e raffinazione di questi preziosi elementi in Africa. Il nostro Paese avrebbe, dunque, un doppio ruolo da capofila, sia per la logistica e il trasporto dell’energia, sia per l’acquisizione delle terre rare. Un impegno che vedrebbe il Mezzogiorno come protagonista.
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