La prima apparizione del nuovo Papa dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro appena eletto, è valso il primo accorato appello a favore della Pace tra i popoli. Una Pace così essenziale, doverosa, necessaria da apostrofarla con una frase che rimarrà impressa nella storia: “una Pace disarmata e disarmante”. A testimonianza di quanto il Pontificato del Papa americano saprà spendersi in ogni parte del mondo per raggiungere questo obiettivo prioritario e fondamentale per l’umanità.
Siamo certi che questi appelli saranno seguiti da azioni concrete. Siamo convinti che in futuro ascolteremo molto meno omelie provenienti da San Pietro e assisteremo a più interventi diretti sulle Segreterie dei potenti del mondo. Per non dire intervenendo direttamente e personalmente sulle coscienze di tanti di loro.
La Pace nel mondo intero è una priorità per tutti i popoli e le Nazioni. Anche quelle attualmente impegnate in conflitti anacronistici e distruttivi. Il conflitto in Ucraina ne è una prova tangibile. Con un Paese aggressore che vuole riportare indietro le lancette degli orologi della storia ad oltre ottant’anni indietro e agire come nel pieno di un conflitto mondiale con l’ennesimo risultato dichiarato di riconquistare e annettersi un Paese Sovrano. Con la forza delle armi. Con la medesima prepotenza che gli Ucraini già conobbero negli anni 30 e 40. Con le devastazioni, le deportazioni e i genocidi di cittadini ucraini che solo dopo la fine della guerra fredda e la caduta del muro di Berlino furono rese note al mondo intero.
Un conflitto che nasce dalla follia imperialista dei primi anni del novecento. Fenomeno che caratterizzò la politica espansionistica nel Vecchio Continente: dalla Russia zarista a quella bolscevica, dall’Austria Asburgica al Regno Unito di Gran Bretagna, dalla Francia all’Olanda, dalla Spagna al Portogallo e via discorrendo, sino all’Italia. Una visione imperialista bocciata e ricacciata dalla coscienza degli uomini e dalle battaglie dei popoli oppressi che avrebbero dovuto insegnare in maniera definitiva l’abiura per ogni tentativo anacronistico di replica di “imprese di conquista territoriale” di altri popoli e Stati Sovrani.
E invece, anche nel nuovo millennio, questi ricorsi storici ci hanno fatto rivedere i bombardamenti delle città, i ricoveri per la popolazione civile, i morti innocenti, i bambini straziati o deportati lontano dalle loro famiglie nelle retrovie del paese occupante. E quanto impegno ci aveva dedicato Papa Bergoglio in questi ultimi anni di suo Pontificato per rintracciare questi bambini ucraini rapiti e ricondurli alle proprie legittime famiglie. Ricordiamo le lunghe missioni del Cardinale Zuppi, inviato del Papa, in terra Ucraina e in Russa per stroncare questa odiosa, insopportabile e criminale iniziativa di Putin sulla pelle di impotenti minori.
E che dire di Israele. Paese che ha vissuto la più grave e dolorosa deportazione di massa e il genocidio del proprio popolo che la storia ricordi. Un Paese che ha certo il suo diritto sacrosanto a vivere in pace nel proprio territorio (concesso dalle Organizzazioni Internazionali e dagli Stati di quasi tutto il mondo dopo la seconda guerra mondiale) e di non essere continuamente minacciato da frange di terroristi palestinesi infatuati e criminali. Ma che non può procedere a cuor leggero nella direzione della” pulizia etnica” del popolo palestinese per vendicare quel maledettissimo giorno in cui Israele fu attaccato dalle bande di Hamas che fece strage di giovani ebrei e intere famiglie nei territori al confine tra Israele e la striscia di Gaza.
850 civili israeliani, bambini compresi, circa trecento militari della Stella di David, oltre 60 agenti delle forze dell’Ordine venivano colti di sorpresa, anche nel sonno, e trucidati sul posto. O rapiti e deportati a Gaza per utilizzarli come ostaggi di Hamas e stipati come animali da macello negli innumerevoli tunnel costruiti negli anni dai terroristi palestinesi nelle viscere della città di Gaza, da dove facevano partire missili e ogni genere di armamento sofisticato contro il territorio di Israele.
Il mondo intero è inorridito. Tutti i Paesi di tutti i continenti hanno condannato questo attacco proditorio e solidarizzato con Israele. Giustificando nel contempo la reazione militare tempestiva dell’esercito Israeliano. Tanti Paesi si sono impegnati in estenuanti trattative diplomatiche affinché fossero restituiti gli ostaggi israeliani alle loro famiglie, al loro Paese. Altri Stati sovrani si sono impegnati ad offrire aiuti sanitari, ospedali da campo e medicinali, viveri, coperte e quant’altro indispensabile per le popolazioni coinvolte nei combattimenti. Tutto questo mentre si cercava disperatamente di porre fine alle ostilità.
Nessuna tregua degna di questo nome è stata accettata. Nel frattempo Israele veniva attaccata anche a nord della striscia di Gaza dai combattenti filo-palestinesi di Hezbol’la , organizzazione paramilitare islamista libanese, rendendo sempre più complicata la possibilità di un cessate il fuoco e più difficile la difesa di Israele dalla minaccia di frange terroristiche presenti sul territorio. Uno scenario molto preoccupante anche per la possibilità di un ulteriore allargamento del conflitto che già aveva visto impegnato l’Iran in attacchi missilistici contemporanei sulle città Israeliane.
Un conflitto ancora in corso che non vede occasioni tangibili di cessazione delle ostilità. Israele insiste per la liberazione di tutti gli ostaggi per ritirarsi dalla striscia di Gaza. Hamas li libera con il contagocce in un braccio di ferro che tiene aperte le ostilità e che produce ogni giorno vittime innocenti. Nel contempo la popolazione della striscia è impossibilitata a fuggire ed evacuare la città per le minacce di Hamas e per la impossibilità di trovare luoghi sicuri ove ripararsi e sfuggire ai bombardamenti. (non dimentichiamo che il confine sud della striscia di Gaza con l’Egitto è sbarrato fin dall’inizio del conflitto perché l’Egitto non vuole dar riparo ai profughi palestinesi!)
Israele, in attesa del rilascio degli ostaggi, continua a martellare ogni angolo della striscia e a colpire i miliziani di Hamas nei loro tunnel sotterranei ancora operativi o negli edifici pubblici, in particolare gli ospedali della città, ove installano i propri comandi paramilitari operativi, forti della presenza dei tanti feriti ivi ricoverati che fanno, loro malgrado, da scudi umani.
E’ uno scenario davvero apocalittico che ogni giorno peggiora. Soprattutto per la popolazione di Gaza che ha anche avuto occasioni e momenti forti di ribellione ad Hamas, ritenuto dal popolo, il vero responsabile di questa catastrofe. Ma anche la forza della ribellione va scemando sotto i colpi incessanti dei bombardamenti. E si continua a morire.
Questo il terribile scenario che Papa Leone XIV° deve affrontare per provare a restituire la pace in Medio Oriente. E come per il conflitto russo-ucraino, la missione appare davvero proibitiva. Come proibitivo appare lo sforzo per ricondurre alla ragione Putin e Netanyahu. Senza parlare di Hamas. Ma il nostro nuovo Pontefice appare fortemente determinato. Scevro dai tentativi spesso infruttiferi degli appelli urbi et orbi e piuttosto indirizzato a scendere sul terreno dei conflitti e dei motivi di conflittualità per dipanare direttamente le controversie. In un’azione pastorale più efficace e il più possibile aderente alla situazione che é già particolarmente precaria. Noi poniamo molta fiducia in questo nuovo corso del Pontificato del Papa Agostiniano. E seguiamo con trepidazione ogni sua iniziativa futura. Per la Pace tra i popoli.