I riflettori dell’Europa su come vengono utilizzate le risorse decise in raccordo con Bruxelles costituiscono un valore aggiunto, non un vincolo cui sottrarsi. Specialmente se parliamo di Mezzogiorno. È di questi giorni l’ulteriore monito proveniente con garbo, ma al tempo stesso con determinazione, dalla Commissaria europea alle Politiche regionali, Elisa Ferreira. Commentando il recente rapporto dell’Istat su “Vent’anni di mancata convergenza”, Ferreira ha sottolineato, tra l’altro, che, oltre al mancato obiettivo di ridurre le distanze tra le regioni, il ventennio scorso è stato caratterizzato per tutta l’Italia da un arretramento rispetto alle medie Ue. Il Pil nazionale è cresciuto molto meno.  Le risorse per la coesione territoriale, tra l’altro, rappresentano non più dello 0,3% del Pil italiano. E, tra il 2000 e il 2023, la quota del Mezzogiorno, sul totale degli investimenti del Paese, è calata di ben cinque punti: dal 38 al 33%. Insomma, una mano (italiana) toglie quello che un’altra mano (europea) cerca di dare. La Commissaria alle Politiche regionali ha puntato il dito anche sulle carenze delle amministrazioni meridionali, ricordando che nel nuovo ciclo di programmazione dei fondi europei ben un miliardo e 200 milioni di euro è finalizzato a superare questa carenza del Sud. Ma la cosa più importante rimarcata da Ferreira, e che dimostra come sia alto il livello di attenzione di Bruxelles a tutela del Mezzogiorno, riguarda il Pnrr. Attenzione, ha detto in pratica la Commissaria, quelle risorse devono servire anche a ridurre le distanze tra Sud e Nord. L’obiettivo della coesione non può essere perseguito solo con i fondi strutturali e quelli nazionali ‘di complemento’, ma deve essere al centro del Piano nazionale di ripresa e resilienza. La sensazione che questo possa non accadere si avverte, ogni volta che si discute di come modificare la destinazione di risorse del Pnrr. Se alcuni progetti non possono essere completati per la scadenza ultima del 2026 prevista dal Piano, vanno ovviamente ‘trasferiti’ sui fondi del nuovo ciclo 2021-2027, la cui spesa ultima può essere certificata fino al 2030. Ma questa operazione non deve andare a scapito del Mezzogiorno, che ha un sacrosanto diritto al rispetto della quota del 40% delle risorse Pnrr. Chi pensa di fare giochini a danno del Sud, sappia che rischia di spaccare il Paese, aggravando uno scenario economico e occupazionale al Sud già molto più precario che nel resto della Penisola.