Chi si preoccupa che il recente decreto lavoro, estendendo il campo di applicazione dei contratti a tempo determinato, renda più precaria l’occupazione, non tiene conto dei numeri. Anche l’ultima rilevazione Istat di aprile ci ha detto che in quel mese vi è stato un ulteriore aumento di occupati, circa 48 mila, ma in una direzione opposta a quella paventata dagli oppositori del decreto. Il saldo complessivo è infatti frutto di un aumento dei rapporti a tempo indeterminato, ben 74 mila, e di una diminuzione di quelli a termine, intorno ai 30 mila, nonché di un incremento dei lavoratori autonomi. Resta ovviamente un problema il fatto che in Italia ci siano tre milioni di lavoratori a tempo determinato, il cui futuro è dunque incerto e meritevole di attenzione da parte di istituzioni, forze politiche e sociali. Ma, a negare l’emergenza di un ‘nodo precari,’ vi sono i dati, da cui emerge una tendenza, non episodica ma quanto meno di medio periodo, alla stabilizzazione della forza lavoro. Se infatti si rapporta il dato di aprile 2023 a quello di aprile 2022, l’esito non cambia: sono aumentati i contratti a tempo indeterminato (+468 mila), son diminuiti quelli a termine (-149 mila). Con l’incremento anche di 71 mila lavoratori autonomi. Non esiste l’emergenza precariato, ma resta la questione meridionale, come opportunamente ha ribadito il governatore Visco nella sua ultima relazione annuale alla guida del prestigioso organismo. Il Mezzogiorno continua a crescere meno del Centro-Nord. Rispetto ai livelli di Pil esistenti prima della crisi del 2008-2009, il Sud accusa ancora ben dieci punti di ritardo, mentre il Nord ha già superato i valori del 2007 e il Centro accusa un distacco limitato a 6 punti. Meno prodotto interno lordo si traduce in minore occupazione. Nella fascia tra i 15 e i 64 anni, il tasso di occupazione nelle regioni meridionali non supera il 46,7%, a fronte del 67,1% del resto del Paese. Il tasso di disoccupazione al Sud è del 14,3%, più del doppio del Centro-Nord e addirittura triplo, se si considerano solo i disoccupati di lunga durata. La questione meridionale non è un’emergenza, è nata con l’Unità d’Italia e non è mai stata risolta. Ma se chi si affanna a combattere i mulini al vento di un’emergenza precariato del lavoro inesistente si battesse per l’attuazione di strumenti come il Pnrr, con lo scopo di ridurre le diseguaglianze territoriali, dedicherebbe le sue energie a una causa più giusta e farebbe davvero gli interessi del Paese.