Politiche per il Mezzogiorno, a che punto siamo? La risposta al momento è interlocutoria, non può essere altrimenti. Ma ragionare sul tema può servire a mettere a fuoco alcuni nodi strategici dalla cui risoluzione dipende il futuro dell’area. Il Pnrr è uno di questi. Va rivisto, senza dubbio, e per due motivi di fondo. In primo luogo, perché ci sono stati pandemia, guerra in Ucraina e sbalzo delle materie prime e dell’energia, con il ritorno di un’inflazione sopra o poco sotto le due cifre. Poi, perché nella sua impostazione ci è stato un eccesso di ottimismo. Sono state inserite opere per le quali è impossibile giungere alla realizzazione entro il 2026, come fissato dall’Unione Europea. Vi è poi una serie di interventi minori impropriamente inglobati in un Piano che, nelle direttrici della transizione energetico ambientale e digitale, dovrebbe prefiggersi di incidere sulle diseguaglianze territoriali, riducendole sensibilmente, A tal riguardo la polverizzazione degli interventi serve a poco, occorre al contrario un coordinamento centrale che assicuri la messa a terra di infrastrutture rilevanti, in grado di accelerare lo sviluppo economico e occupazionale del territorio. Laddove serva ‘spostare’ su fondi europei della nuova programmazione 2021-2027 interventi non esauribili entro il 2026, si possono ricollocare le risorse del Pnrr a favore delle imprese. Ma, attenzione! La cosa non deve pregiudicare la quota del 40% destinata al Mezzogiorno, altrimenti si pregiudica il buon esito dell’impegno per la coesione territoriale, alla base del Pnrr. Se, peraltro, si intende ampliare la base produttiva meridionale, occorre rendere l’area più attrattiva per gli investimenti. Lo si può fare rendendo strutturali incentivi come il credito d’imposta e la decontribuzione per chi opera nel Sud, ponendo fine a una situazione di incertezza che scoraggia l’investitore potenziale, non potendosi contare sulla permanenza nel tempo di agevolazioni prorogate di volta in volta, e quindi costantemente a rischio cessazione. Una leva sulla quale puntare è l’estensione della semplificazione normativa vigente nelle Zes, il cui rapido decollo sembra essere originato dalla rapidità delle autorizzazioni, più ancora che dalla consistenza degli incentivi fiscali e contributivi.  Diffondiamo in tutto il Mezzogiorno il modello di governance in atto per le zone economiche speciali. Coglieremo due piccioni con una fava: favorire gli insediamenti produttivi nel Sud e accelerare i tempi di spesa delle risorse finalizzate alla coesione territoriale.