Il tema del giorno è il salario minimo, ma sul fronte occupazionale c’è un’altra questione sempre più intricata, ed è la difficoltà, per le aziende, di trovare lavoro. Lo ha ribadito nei giorni scorsi la Confartigianato, presentando i risultati di un rapporto annuale, che elabora dati Unioncamere-Anpal. Tra il luglio 2022 e il luglio 2023, la quota di lavoro ‘di difficile reperimento’ sul totale delle assunzioni è balzata dal 40,3% al 47,9%. Per quasi la metà dei casi, dunque, le imprese stentano a trovare risposte alla loro domanda di lavoro. Confartigianato segnala che è un fenomeno diffuso in tutti i settori, da quelli tradizionali alle attività digitali e hi tech. I casi più gravi si registrano in Trentino-Alto Adige (difficoltà riscontrate nel 61,6% dei casi), in Valle d’Aosta (57,1%) e per lo più nel Nord. Ma la tendenza è in forte crescita anche nel Sud, con un incremento di ben 9,1 punti percentuali rispetto al 2022, superiore nettamente a quelli fatti registrare nel resto del Paese. Il fatto che questo accada in un’Italia in cui 1,7 milioni di giovani tra 15 e 29 anni non studia, non si forma e non cerca occupazione, più che un paradosso, può sembrare la chiave del problema. Se non ti presenti sul mercato del lavoro, non posso assumerti! Ovviamente, le cose non sono così semplici. C’è bisogno di fare avvicinare tanti giovani a lavori tradizionali che hanno fatto la fortuna del made in Italy e che, rinnovati con le nuove tecnologie, possono creare ulteriore ricchezza anziché correre il rischio, come sta accadendo, di scomparire. Bisogna promuovere le Botteghe Scuola per l’artigianato d’eccellenza, dando percorsi motivanti ai giovani che vogliono lavorare dopo aver terminato la scuola dell’obbligo. Chi vuole svolgere un mestiere che valorizzi la manualità artigiana deve poterlo fare, ma a tal fine sono necessarie politiche adeguate. Lo Stato, per almeno un anno, si faccia carico della paga all’apprendista e assicuri un contributo al maestro di bottega, che non ha i mezzi per sostenere i corsi di una formazione inizialmente senza alcun ritorno produttivo.  Accanto a questa grande operazione, in altri comparti manifatturieri occorre che le imprese facciano uno sforzo di modernizzazione. Assumendo più laureati, ad esempio. Anche qui i dati (stavolta quelli dell’Eurostat) parlano chiaro. Su 100 laureati di età tra i 20 e i 34 anni, solo 65 trovano lavoro nel triennio dopo la conclusione degli studi, a fronte di una media Ue di 82!