Resto perplesso rispetto a titolazioni ‘entusiastiche’ riscontrate su autorevoli media per articoli che davano conto dell’indagine Check Up Mezzogiorno, curata da Confindustria e Srm.

Si riferisce che il Pil del Sud, se tutto dovesse andare per il verso giusto, ossia se le risorse del Pnrr cominciassero finalmente a essere spese a regime, crescerà di appena lo 0,6%. Un risultato modesto, come si vede, malgrado gli investimenti siano cresciuti di 4 punti tra 2022 e 2023 e si attestino su un livello superiore di 17 punti a quello del 2019.

Non ci siamo, malgrado i titoloni ottimisti. Non è questo il senso di operazioni come il Pnrr, se viste nella direzione di un riequilibrio tra le macroaree del Paese, che consenta al Mezzogiorno di recuperare finalmente posizioni.

La sensazione è che, fra qualche anno, si parlerà al solito di ennesima occasione mancata, e forse allora si capirà, finalmente, che non lo sarà stata solo per il Sud ma per l’intero Paese.

Ribadiamo un concetto, elementare ma evidentemente non ‘digeribile’ per qualcuno: c’è bisogno di una politica che parta dal Mezzogiorno per rilanciare l’Italia, afflitta da decenni da un deficit di competitività e produttività. Se non si concentreranno interventi e risorse nel Sud, non si uscirà fuori dall’equivoco. Non di 0,6 punti ma di 4 o 5 punti di crescita di Pil annuo ha bisogno il Sud, per almeno un triennio, per diminuire le distanze, aumentare occupazione, prodotto e reddito pro capite, e avvicinare l’Italia ai parametri economici di altri partner europei.