Il provvedimento sull’autonomia differenziata sta andando avanti. Non significa, tuttavia, che l’approdo dell’iter in corso sia stato chiarito. Una delle incognite sta nella tempistica di attuazione dei Lep, i livelli essenziali di prestazione da garantire in tutto lo Stato. Vanno innanzitutto definiti, poi occorre assicurare i finanziamenti necessari perché siano realizzati in ogni regione d’Italia. Ma occorre anche capire se basta definirli, per consentire l’estensione dei poteri alle Regioni che lo richiedano, oppure debbano essere prima concretamente assicurati. Insomma, prima vedere cammello, poi pagare moneta! O, al contrario, basta avere l’illusione di avere un ‘cammello’ un domani, per poter dare via libera ai ricchi cittadini del Nord ansiosi di poter utilizzare sempre di più gli importi fiscalmente imputati ai loro territori? Ma c’è una questione ancora più importante. Se chi dovrà definire i Lep li stabilisse come veramente minimi, ricalcandoli ad esempio su quelli in vigore in uno di quegli Stati che un tempo venivano inquadrati come Terzo Mondo, che senso avrebbe questo presunto ‘do ut des’? Poiché il disegno di legge approvato prevede che l’intera operazione debba essere effettuata senza oneri di bilancio, non si vede dove si possano prendere le risorse per i Lep, a meno di non fissarli su standard tali da ricalcare quelli esistenti! In tal modo, chi sta peggio potrebbe continuare a stare peggio, mentre nessuno potrebbe impedire a chi già sta meglio di approfittare delle future nuove disponibilità fiscali regionali per migliorare ancora di più la propria posizione. La verità è che in uno Stato coeso, bisognerebbe parlare di Livelli Uniformi di Prestazione, non di Livelli Essenziali!