Quando è sorta la questione meridionale? I dati di autorevoli studi di matrice Bankitalia parlano chiaro. Dieci anni dopo l’Unità d’Italia, le regioni del Sud erano vicine alle medie nazionali per i principali indicatori economici, la Campania nettamente al di sopra. Niente a che vedere con l’incredibile divario attuale, che non ha paragoni in altri Stati europei.

Eppure, l’autorevole professor Sabino Cassese, ex giudice della Corte Costituzionale, a capo del Comitato per l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Clep) preliminari per l’approvazione dell’Autonomia differenziata, sostiene, sul domenicale del Sole 24 Ore dello scorso 21 gennaio, che Cavour, Crispi, Giolitti, Mussolini e De Gasperi “non sono riusciti a unire davvero il Paese”. Forse perché l’hanno considerato un Paese, appunto, e non una vera Nazione! E, infatti, fatto salvo Cavour, morto subito dopo l’Unità, almeno qualcuno degli altri citati non si è limitato a ‘non unire’, ma ha enormemente aggravato quello che, inizialmente, era un gap del Sud rispetto al Nord molto più contenuto.

Ma Cassese insiste, e finisce addirittura per giustificare così la cancellazione della parola Mezzogiorno dalla Costituzione, per effetto della famigerata riforma del 2001: “le sorti del Sud sono state messe largamente nelle stesse mani della popolazione meridionale, con l’autonomia regionale”. Per poi proseguire, asserendo che a curarsi della questione meridionale “sono stati chiamati” l’Unione Europea e le Regioni, “che hanno preso il posto dello Stato come attori dello sviluppo”.

Cassese non aggiunge, tuttavia, che questa sostituzione è stata presa troppo alla lettera, tant’è che l’Unione Europea da tempo rimprovera l’Italia di utilizzare i fondi Ue per il Mezzogiorno come sostitutivi e non aggiuntivi di quelli nazionali. Insomma, l’esimio studioso dà una lettura parziale e tutt’altro che meridionalista di quanto è successo in più di centosessant’anni dall’Unità. Farebbe molto meglio a rimarcare la necessità che il Sud, finalmente posto al centro delle politiche di sviluppo, si ponga a guida di un’Italia che, senza la crescita del Mezzogiorno, non va da nessuna parte!