C’è ancora vita e tanta voglia sul pianeta Calcio. Lo ha certificato il discusso mondiale per club disputatosi in America, nonostante le beghe tra UEFA e FIFA, Ceferin e Infantino e i grandi club…Nonostante agenti di calciatori di dubbia professionalità, intermediari,maneggioni e sensali di varie specie.
MUNDIALITO SI – Il primo mondiale per club,Nonostante errori di tempo e di luogo nelle scelte, è finito in Gloria non solo per il Chelsea vincitore perché è stato un momento di confronto e di verifica sullo stato attuale del calcio. Perché molte gare ritenute “inutili” hanno però posto difronte squadre con concezioni diverse di gioco, nell’ interpretazione tecnica e nelle strategie. Utilissime per fare crescere certi movimenti ancora giovani. E nelle fasi finali si è assistito a gare intense, di grande qualità non legate ad un modulo ma ad un equilibrio e ad una flessibilità da parte di entrambe le contendenti. Il PSG di Luis Enrique ha trovato nell’ ordine e nella spensierata concentrazione dei suoi uomini la spinta per vincere,cadendo solo in finale.Il Chelsea di Maresca ha vinto e di è imposto all’ attenzione generale con un calcio tatticamente rigoroso ma rispettoso dell’ estro e delle individualità portate sempre ad una verticalizzazione veloce alla ricerca di spazio e profondità. Discorsi simili per il “nuovo” Real Madrid di Xavi o del Fluminense dell’ ex giallorosso Renato Portalupi.
Troppo in fretta,forse, si è giudicato inutile e perfino dannoso questo torneo che è stato una grande finestra panoramica sul calcio mondiale.
LE CRITICHE – Certo tutto è migliorabile e, a mio sommesso avviso, se ne debbono convincere anche quelli, tra tecnici,dirigenti,giocatori, che anche con cognizione di causa dicono che si gioca troppo e i giocatori non possono reggere ritmi e sforzi atletici tanto intensi a distanza di 72 ore, ultima trovata della FIFA per consentire il “recupero” fisico dei giocatori, per tutta la stagione.
Ma lo Sport-business e lo Sport-Industry andranno avanti perché, ne siamo certi, indietro, al passato, non si torna. È il progresso, amici, bello o brutto che sia. Un progresso che però va supportato perché cresca in modo corretto anche lo sport più popolare del pianeta.
TROPPI RISCHI – Ho letto le dichiarazioni di molti allenatori, quelle di Klop in particolare, e soprattutto letto e ascoltato attentamente le osservazioni del Professore Eugenio
Albarella sulla dannosità più che sull’inutilità di riempire il calendario calcistico di manifestazioni e tornei che nuocerebbero ai calciatori, rendendoli più vulnerabili agli infortuni muscolari e anche da trauma, finendo col peggiorare le loro performance e di conseguenza far calare l’ interesse degli spettatori davanti alle TV e negli stadi. Non possiamo non essere d’accordo partendo dal nocciolo della questione e da un punto di vista inconfutabile: al centro di tutto lo spettacolo sportivo e di tutti gli interessi commerciali e pubblicitari di sponsor,federazioni e club c’è l’ uomo, l’ atleta che merita rispetto totale, fisico e morale.
La domanda è: C’è questo rispetto o anche gli stessi atleti per guadagnare sempre di più si prestano a questo che non è più un grido d’allarme ma una triste realtà suffragata da episodi in campo e fuori?
Fine della prima parte