Il DL Anticipi entrato in vigore il 19 ottobre (DL 18 ottobre 2023, n. 145 pubblicato nella GU n. 244 del 18 ottobre 2023) introduce misure urgenti in materia economica e fiscale.

Tra queste, vi è il rinvio del versamento della seconda rata d’acconto delle imposte dirette, la cui scadenza è stabilita attualmente a regime al 30 novembre 2023.

Le imposte scaturenti dalla dichiarazione sui redditi, in linea generale, sono versate dai contribuenti in due differenti scadenze (art. 17 DPR 435/2001):

  • le persone fisiche e le società di persone versano il saldo relativo all’anno oggetto della dichiarazione ed il primo acconto, entro il 30 giugno dell’anno di presentazione della dichiarazione stessa; quest’anno il pagamento è slittato senza maggiorazioni al 20 luglio 2023, mentre, le società di capitali, devono eseguire il versamento entro l’ultimo giorno del sesto mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta;
  • il secondo o unico acconto, entro il 30 novembre dell’anno di presentazione della dichiarazione (soggetti solari).

Il rinvio della scadenza del secondo acconto 2023 al 16/1/2024 e la sua eventuale rateazione interesserà esclusivamente le persone fisiche titolari di partita Iva che nell’anno 2022 dichiarano ricavi o compensi di importo non superiore a 170.000 euro, si tratta di oltre 3 milioni di contribuenti.

Le disposizioni normative attualmente in vigore, consentono il versamento rateale solo per il saldo ed il primo acconto, mentre, la seconda rata dev’essere versata in un’unica soluzione.

Con l’approvazione del nuovo DL Anticipi, si interviene sulla proroga del versamento del secondo acconto delle imposte che anziché per versale entro il 30 novembre possono essere versate o entro il 16 gennaio 2024 o in 5 rate (16 GENNAIO, 16 FEBBRAIO, 16 MARZO, 16 APRILE, 16 MAGGIO ad un tasso del 4% da calcolarsi a partire dalla seconda rata in poi).

I soggetti coinvolti nello slittamento sono tutte le persone fisiche titolari di partita iva e anche chi appartiene ai cosiddetti regimi di vantaggio o forfettari.

La misura che dispone la proroga riguarda l’Irpef, le imposte sostitutive delle imposte sui redditi, ma anche la cedolare secca per gli immobili concessi in locazione.

Dovrebbero rientrare nella misura anche l’IVIE e l’IVAFE, ma più in generale tutti i tributi che sono stati liquidati nel Modello Redditi 2023.

Attenzione però perché questo slittamento riguarda solo le imposte e non i contributi  Inps (gestione separata, commercianti, artigiani, casse autonome e Inal) che restano al 30 Novembre. Le motivazioni sono ricercabili in due situazioni: la prima è sempre il problema della copertura finanziaria della norma, l’altra è “il suggerimento” di non prorogare all’anno successivo il pagamento dei contributi previdenziali dato che permettono una deduzione dall’imponibile IRPEF con il criterio della cassa.

Pagare i contributi l’anno successivo comporterebbe anche lo spostamento in avanti della deduzione dalle imposte.

Il vantaggio è quello di avere giorni in più per poter pagare le imposte e quello di poterlo dividere in rate anziché versarli subito così come avveniva nei precedenti esercizi di imposta, ma il reale vantaggio è quello sulla possibilità di pagare l’acconto sul reale fatturato 2023 per avere contezza sui dati presi dell’anno chiuso. L’altro importante obiettivo è quello di permettere finalmente ai contribuenti di predisporre i conteggi di quanto dovuto basandosi su una annualità terminata, essendo quindi a conoscenza del preciso andamento dell’annualità di cui si deve versare l’acconto.

Una cosa è fare i conti a novembre per l’anno in corso e altra cosa è farlo ai primi di gennaio: si ha una idea molto più precisa di come si chiude l’anno e quindi di quale acconto occorre versare.

Gli altri soggetti non potranno avvalersi della predetta misura: pertanto, per tutti gli altri contribuenti il termine per effettuare il versamento della seconda rata di acconto rimane fermo al 30 novembre 2023.

Dovranno quindi continuare ad osservare la consueta scadenza del 30 novembre i seguenti soggetti:

  • le persone fisiche titolari di partita Iva che nell’anno 2022 hanno dichiarato compensi o ricavi superiori a 170.000 euro;
  • le persone fisiche non titolari di partita Iva;
  • i soggetti diversi dalle persone fisiche, quindi le società di capitali, le società di persone e gli enti commerciali o non commerciali.

Dovrebbero così essere esclusi dal differimento del termine coloro che non hanno versato la prima rata (entro il 30 giugno 2023) in quanto di ammontare non superiore a 103 euro.

Iniziative queste che non sciolgono certo i dubbi di base sulla pressione fiscale, ne fanno piena luce su quelle iniziative che l’esecutivo intende portare avanti per venire incontro alle esigenze del lavoro autonomo, ma sembrano un primo passo verso lo snellimento delle procedure nel mare magnum di norme controverse e di poca comprensione. 

Noi professionisti di settore ci battiamo ormai da anni affinché queste norme, la cui applicazione appare al contribuente come la teoria del metaverso, possano essere linearizzate e soprattutto sintetizzate in modo comprensibile e intuitivo dando a noi e alle imprese l’esatta contezza delle stime e degli importi.