Pubblicato uno studio condotto dai professori Herzog e Claudio per la selezione della terapia necessaria ai pazienti affetti da tumori
La piattaforma ChemoID rappresenta una svolta nel campo della medicina di precisione, evidenziando come la diagnostica funzionale possa perfezionare le scelte terapeutiche in base alla biologia tumorale unica di ogni paziente e offrendo un percorso di trattamento più personalizzato.
La pubblicazione dello studio ChemoID sulla prestigiosa rivista Nature Partner Journal* “Precision Oncology” sottolinea la potenzialità del test ChemoID di trasformare le pratiche cliniche oncologiche. Il nuovo studio di fase 3, infatti, descrive che un test sulle cellule staminali tumorali può scegliere con precisione trattamenti più efficaci e portare a risultati migliori per le pazienti con tumore ovarico resistente al platino.
Il medico e ricercatore Thomas Herzog, vicedirettore dell’University of Cincinnati Cancer Center e primo autore dello studio di fase 3 uscito sulla testata npj “Precision Oncology”, afferma che il cancro ovarico epiteliale spesso risponde inizialmente al trattamento chemioterapico e poi entra in un periodo di resistenza alla terapia e di ricrescita del tumore. «Ciò è dovuto in parte alla selezione e alla riattivazione delle cellule staminali tumorali (CSC), che ricostruiscono e riparano il tumore dai danni causati dalla chemioterapia», chiarisce Herzog, che è anche professore di Oncologia ginecologica presso l’UC College of Medicine e direttore del Gynecologic Cancer Disease Center dell’UC Health.
Il test clinico è stato sviluppato dal prof. Pier Paolo Claudio, professor presso l’University of Mississippi Medical Center, il quale sostiene che ChemoID sottopone le cellule staminali tumorali (CSC) presenti nei tumori dei singoli pazienti a trattamenti con farmaci antitumorali, per identificare quali chemioterapie abbiano maggiori probabilità di essere efficaci.
Le 81 pazienti con carcinoma ovarico resistente al platino (recidiva tumorale entro sei mesi dal trattamento chemioterapico a base di platino) arruolate nel trial clinico sono state randomizzate in due bracci dello studio. In un braccio la scelta del trattamento chemioterapico è stata guidata dal test ChemoID. Nell’altro la scelta del farmaco è stata lasciata all’oncologo in base alla propria esperienza mediante metodi standard. Secondo il prof. Herzog i medici selezionano i trattamenti in genere basandosi su terapie approvate, esperienze pregresse, trattamenti precedenti delle pazienti e tossicità o effetti collaterali già sperimentati dalle pazienti.
Il tasso di risposta complessivo dei pazienti nel braccio in cui la terapia è stata guidata da ChemoID è stato del 50%, rispetto al 5% dei pazienti nel braccio in cui il farmaco è stato scelto dal medico. La sopravvivenza libera da progressione mediana per i pazienti nel braccio in cui la terapia è stata guidata da ChemoID è stata di 11 mesi, rispetto a una mediana di 3 mesi per il braccio in cui la terapia è stata decisa dal medico. Inoltre i pazienti trattati con terapia guidata da ChemoID hanno avuto una durata media della risposta di otto mesi, rispetto a cinque mesi e mezzo per il braccio in cui la terapia è stata scelta dal medico.
«ChemoID è una piattaforma diagnostica di precisione funzionale che serve a guidare la selezione della terapia necessaria ai pazienti affetti da tumori. – dichiara il prof. Claudio, laureatosi all’Università di Napoli Federico II – Analizzando le cellule staminali tumorali (CSC) derivate dal paziente, il test mira a prevedere le risposte individuali a vari agenti chemioterapici, ottimizzando così l’efficacia del trattamento e riducendo al minimo gli effetti collaterali».
Il test ChemoID rappresenta, dunque, un approccio innovativo alla personalizzazione dei trattamenti chemioterapici e potrebbe portare a risultati migliori per i pazienti e a un utilizzo più efficiente delle risorse sanitarie.